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      Il Saramita le disse che, entrato in camera della Guglielmina, la trovò che orava, e alzatasi, gli disse ch'era lo Spirito Santo, venuto in forma di donna perchè, se fosse venuto in forma di uomo, sarebbe morta come Cristo, e tutto il mondo ne perirebbe. Di subito apparve una cattedra, e Guglielmina la convertì in un bue, e a lui disse: «Tienlo se puoi», e subito sparve. Soggiungeva che il nome suo non morrà, e per essa molti saranno consolati, e molti tribolati.
      Nel processo, molti son nominati quali devoti della Guglielmina, e aveano comprato bellissimi drappi e tovaglie in venerazione di essa, e per ornarla al suo ritorno in terra.
      Lo strano consiste nella connivenza de' monaci cistercensi, i quali credeano bensì che ella fosse de' reali di Boemia, ma non lo Spirito Santo. La casa in san Pietro all'orto ov'essa abitava, era proprietà del loro monastero, e diceano che da sei anni accendevano lampade al sepolcro della Guglielmina, udendo che liberava molti da infermità: avendo il Saramita detto che la Guglielmina era lo Spirito Santo, alcun di loro andò difilato alla casa di lei a interrogarnela, ed essa indignata rispose: Ite, ego non sum Deus, ma esser di carne e d'ossa, e aver condotto seco a Milano un figliuolo; e se non facessero penitenza di quelle credenze, andrebbero all'inferno. Dal che, e da molti altri riscontri può indursi che la Guglielmina non fosse che una pia donna, e tutto il resto invenzione o fantasia della Manfreda e del Saramita.
      A quel processo segue qualche brano d'un altro, fatto il 1295 contro un Mangiarocca muratore, abbruciato per eretico, e un Ventura Rosso che avealo chiamato il miglior suo amico.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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