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      Questi scritti sono, la Concordia del nuovo coll'antico Testamento, il Commento sull'Apocalissi, il Salterio delle dieci corde: moltissimi altri gliene vengono attribuiti forse a torto, come un commento a Geremia e Isaia, pieno di profezie contro gl'imperadori svevi, un libro sulla Sibilla Eritrea e sul profeta Merlino, e sulle profezie di Cirillo. Carattere di questi lavori era la giustificazione non solo, ma la glorificazione della vita monastica, alla quale dava il sembiante d'una rinnovazione sociale, preordinata dalla Providenza. E diceva: «Iddio divise il mondo in tre epoche successive; nella prima, il Padre opera per mezzo de' patriarchi e profeti; nella seconda, il Figlio opera per mezzo degli apostoli e discepoli; nella terza, lo Spirito Santo opererà per mezzo dei frati».
      Era naturale che que' libri fossero accolti passionatamente dai Minoriti; ricopiati, interpretati, esagerati, discuteansi in pubblico; ebbero apostoli di grido, come Ugo di Montpellier, Rodolfo di Sassonia, e si giunse a dichiarare che il Nuovo Testamento non avea condotto alla perfezione; che Gesù Cristo non era imitabile quando fuggì o si nascose, quando bevve vino e mangiò carni, quando possedette denaro; primo dovere dell'uomo spirituale essere la povertà volontaria.
      Ciò veniva a condannare i possessi ecclesiastici, dal che facilmente si passava ad abolire la gerarchia e le funzioni sacerdotali. Monaci non ascritti ad alcun ordine, vagavano per Italia predicando l'umiltà e la povertà, come fossero sufficienti a costituir l'uomo in una santità, quale basta per conferire i sacramenti, e sciogliere e legare.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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