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      Sebbene l'abate Gioachimo non avesse prefisso tempo all'adempimento delle sue profezie, da' suoi testi, stiracchiati ad applicazioni attuali, si dedusse che il 1260 sarebbe predestinato pel nuovo regno di Dio; Federico II morrebbe; l'anticristo comparirebbe, immediato predecessore della nuova epoca religiosa. Federico anticipò di dieci anni la morte, ma l'inadempimento delle profezie non basta a disingannare; più tardi esse servirono ai necromanti, e alcune corrono finora, credute da coloro che ne aspettano l'adempimento. Gioachimo, chi lo fa santo, e «di spirito profetico dotato», chi impostore, chi mentecatto; ma dee figurare nella storia come capo del misticismo, sceso poi a Giovanni da Parma, a Gerardo da san Donnino, a Ubertino da Casale, a frà Dolcino, e ai mistici tedeschi.
      A questa scuola molti Francescani furono tratti dal disprezzo delle cose terrene e dall'amor delle soprasensibili, ch'appariva tanto pronunziato nel loro fondatore. La regola del quale imponeva tali austerità, che alcuni la sentenziarono d'impossibile e micidiale. Guglielmo di Sant'Amore e Sigerio, dottissimi scolastici di Parigi, scrissero e sporsero a papa Clemente IV un libello contro la povertà dei Mendicanti; ed egli lo trasmise al maestro Giovanni da Vercelli perchè, ponderatolo, vi facesse rispondere da Tommaso d'Aquino. Dalla confutazione di questo appare che ai frati già s'imputavano le colpe che più tardi: colpe che costituivano il merito loro in faccia al popolo; come il vestir grossolano, le opere di carità, il predicar vulgare, lo stretto accordo dei membri fra loro, l'opporsi ai settarj e sostenere il proprio Ordine; oltre che all'intero Ordine s'attribuivano i difetti di qualcuno.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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