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      Dante colloca Federico II nell'inferno tra gli eretici con più di mille, e tra essi Farinata sommo cittadino e Cavalcante Cavalcanti gran dotto, e padre del suo amicissimo183. Del primo, il commentatore Benvenuto da Imola riferisce che credeva il paradiso non doversi cercare se non in questo mondo; l'altro asseriva che uomini e bestie finiscono al modo eguale (unus est interitus hominis et jumentorum), e anche il Boccaccio ce lo dipinge che «alcuna volta speculando molto astratto dagli uomini diveniva; e si diceva tra la gente vulgare, che queste sue speculazioni erano solo in cercare se trovarsi potesse che Iddio non fosse».
      Al tempo di Dante erasi così lontani dal supporlo eretico, che l'intitolavano Theologus Dantes, nullius dogmatis expers: dopochè morì avvolto nel sajo di san Francesco, non che un legato pontifizio avesse intenzione di disperderne le ossa, queste riposarono benedette in chiesa, dove un legato pontifizio gli eresse un mausoleo, più benigno a lui che non la patria: subito si istituirono cattedre per ispiegarlo, e spesso in chiesa: ed era spiegato al concilio di Costanza, e frà Giovanni da Serravalle, minorita, a istanza de' prelati ivi raccolti, lo tradusse in prosa latina con commenti: nelle Logge Vaticane fu dipinto tra i padri della Chiesa; la sua effigie pendette a Firenze in Santa Maria del Fiore, come ai dì nostri vi fu messo sulla facciata di Santa Croce. Quando nel 1865 la radunata Italia volle celebrare il vi centenario della nascita di esso, l'iracondia da cui è ossessa la rivoluzione nostra volle palesarsi col celebrare l'inimicizia di Dante pei papi e per la religione.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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