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      Ma per mezzo secolo fu scissa la cristianità fra due campi ostili, fra pontefici che rimbalzavansi accuse e taccia d'intruso e d'eretico. Ne restavano divise le nazioni; divisi i cittadini; divisi gli scolari d'ogni Università, i monaci d'ogni convento, i membri d'ogni famiglia; e da per tutto dispute e collisioni fino al sangue; due vescovi, eletti dall'uno o dall'altro pontefice, si contendevano la medesima sede; abborrivansi le messe degli uni o degli altri. I due papi per procacciarsi partigiani riconoscevano un re diverso, scialacquavano privilegi, connivevano a traviamenti e usurpazioni, spoverivano il basso clero col lasciare trascendere l'alto; questo riservavasi le migliori grazie e le commende e i benefizj, dandole in appalto a persone dappoco, mentre i curati erano fino ridotti a mendicare. Ciascuno insomma era ricorso a mezzi dissonanti da quelli dell'apostolato: Bonifazio IX lasciò trafficare delle indulgenze e del suffragio ai morti, pretendeva le annate dei vescovi eletti, a denaro permetteva di accumular benefizj; Giovanni XXIII ebbe accusa di cavare oro dalle medesime miniere, e moltiplicarlo colle usure.
      Le piaghe del papato, come il cadavere di Cesare, furono allora esposte agli occhi di tutti, invelenite dalla collera de' nemici non meno che dalle ingiurie palleggiatesi fra' cardinali e pontefici rivali, che, per non disgustare la loro fazione, erano costretti rassegnarsi a minacce, a importunità, dissimulare e simulare, intrigare, congiurare, promettere, concedere; infine guadagnare tempo fingendo di desiderare una riconciliazione, di cui aveano in mano il mezzo; e compromettendo un'autorità che si fonda interamente sulla virtù e sull'opinione.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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