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      Il vulgo vivea contento, perché206 non concepiva soddisfazioni maggiori, e perchè i sofferimenti, inseparabili dalla vita, considerava quale conseguenza inevitabile del peccato, ma espiatrice e meritoria. Le cronache parlano continuo delle feste che ripetevansi ad ogni occasione; devote, o popolesche, od aristocratiche, ma sempre accomunate a tutto il paese. La casa del contadino non era molestata dall'esattore; non la sua chiassosa allegria dal gendarme; non la sua figliolanza dalla coscrizione; e se fosse possibile spogliarci dell'intirizzente raziocinio e dell'egoismo odierno, ben altra ci si presenterebbe la vita d'allora.
      Altrettanto dobbiamo abbandonar alle scuole e alla plebe degli scrittori l'asserire che il medioevo non sapesse nulla, e colpa ne fosse il clero. Il medioevo serbò tutte, dico tutte, le cognizioni dell'antichità, e n'aggiunse moltissime. Il clero, sol che l'avesse voluto, potea spegnere l'antica face della civiltà, giacchè egli solo l'aveva in mano; e in quella vece la tenne viva ed alzata, e faticò a propagarla per quanto era fattibile tra le inenarrabili sventure di quell'età.
      Dove conservaronsi tutti i manuscritti dell'antichità? chi li trascrisse? Dicono che il clero ne abbia lasciato perire alcuno per ignoranza o per usar quella carta a scrivervi lavori che ad esso più importavano. Foss'anche colpa l'usar mezzi proprj a proprio utile, è ampiamente riscattata dal merito de' tanti tramandatici, e ne loda il buon gusto il vedere che questi sono i capolavori del genio classico.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608