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      Vero è che, sin quando il sentimento religioso predomina, esercita sulla forma la sua forza riparatrice; pure il ravvivato splendore dell'antichità abbagliava per modo, da adombrare il cristianesimo; ammirando unicamente il bello della società classica, non vedeasi il buono della moderna, e le teoriche di quella si applicavano agli affari pubblici.
      La fede nella sua integrità era stata fino allora la fonte unica d'ogni diritto, d'ogni ordine. Tutto il mondo civile riconosceva una religione, cioè una dottrina generale sulle relazioni fra il cielo e la terra, uno scopo alla vita dell'umanità, cioè compiere il disegno divino; una l'origine degli Stati, cioè la volontà di Dio; conformità di credenze, che costituiva un legame tra le varie società.
      Da questa fonte unicamente traevasi il diritto di governare e di punire; gli Stati prendeano il nome del loro patrono, dicendosi patrimonio di san Pietro, come repubblica di san Marco o di san Giovanni; e sant'Ambrogio, san Geminiano, san Petronio, san Siro indicavano Milano, Modena, Bologna, Pavia; il nome e l'effigie del santo metteasi sulle monete e sugli stendardi: perfino le date storiche riferivansi al calendario ecclesiastico, dicendo che il giorno della candelara erano state rapite le spose veneziane, alla sant'Agnese sconfitti i Torriani dai Visconti; al san Sisino si vinse il Barbarossa a Legnano; a san Cosmo e Damiano fu preso Ezelino.
      Gli stessi pensatori non cercavano altro che rendersi ragione di quel che credevano. Cattolici prima che filosofi, volenti godere della tradizione che aveano ricevuta coll'intelligenza, studiavano comprendere, ma in fondo credevano, portando l'offerta della loro scienza e ragione al tempio del Signore; e non pretendeano riformare il mondo e la società col pensiero loro proprio, senza tenere conto de' loro simili, nè de' fratelli e dei canoni trasmessi dai vecchi.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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