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      Rotti i ceppi del medioevo, non ancora assunti quelli delle convenienze, l'uomo seguiva gli istinti, la fantasia, la coscienza, virtuoso o ribaldo ma francamente, senza nè insuperbirne, nè vergognarne; donde una originale varietà di atti come di componimenti; epicureismo sfacciato a fianco d'una devozione fin mistica; serenità delle arti in mezzo alla devastazione di eserciti brutali, che strappavano alla patria nostra l'indipendenza; violazioni d'ogni diritto, e pregiudizj inumani e servili, mentre grandeggiava la giurisprudenza, e poneansi i fondamenti al diritto pubblico.
      Nobili intelligenze elevavansi, guidate dalla critica a riprovare la filosofia scolastica, l'architettura gotica, il latino chiesastico, la servile riverenza all'autorità, richiamando ai modelli classici nella letteratura e nelle arti, ai sommi filosofi, all'esame, all'esperienza; ma con un'esuberanza di forze, un entusiastico trasmodare, una indipendenza arrischiata, un'imitazione imprudente, un fervore pel bello, separato dal buono. E a vero dire, la riforma protestante, se si consideri come un ritorno verso l'antichità, era cominciata dai nostri umanisti: perocchè anch'essi voleano annichilare quattordici secoli di progresso, non per tornare ai primordj della Chiesa come poi Lutero, ma per riaccreditare la civiltà pagana, sovvertita dal cristianesimo: non già solo per distruggere come esso Lutero, ma per ripristinare gli ordinamenti antichi, e far che la materia rivalesse ancora sopra la morale. Come i re aveano trovato la polvere e i cannoni, così il popolo avea trovato la stampa: e Roma la accolse, la favorì, non avendo paura di nessun progresso: i primi libri si pubblicarono in badie, e dedicati a papi, che li proteggeano a diffondere non solo la verità, ma anche la civiltà pagana, e che presto doveano divenire i maggiori propagatori della tentazione protestante.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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