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      Giacomo, arcivescovo di Téramo, poi di Firenze, fra varie opere, scrisse una specie di romanzo col titolo Consolatio peccatorum o Belial, dove immagina che i demonj, indispettiti del trionfo di Cristo sopra Lucifero, eleggano procuratore Belial per chiedere giustizia a Dio contro le usurpazioni di Cristo; Dio commette la decisione a Salomone; e Cristo citato, manda per rappresentante Mosè, il quale adduce a testimonj giurati Abramo, Isacco, Giacobbe, Davide, Virgilio, Ippocrate, Aristotele, il Battista. Belial li scarta tutti, eccetto l'ultimo, sostiene la sua causa con finezza diabolica, pure la decisione esce a lui contraria. Si appella, e Dio demanda la causa a Giuseppe; se non che Belial preferisce comprometterla in arbitri; e sono Aristotele ed Isaia per Mosè, per Belial Augusto e Geremia. I testi più venerabili sono stiracchiati beffardamente; e dopo tutti i garbugli della giurisprudenza, ove Belial imbarazza sovente Mosè men versato ne' cavilli, gli arbitri danno di quelle vaghe decisioni, che lasciano ad ambe le parti cantare trionfo.
      Nescit prædicare qui nescit barlettare, dicevasi in onore di Gabriele Barletta, i cui discorsi ebbero moltissime edizioni nel secolo di Leon X268, e pajono burlette. Per Pasqua racconta che molte persone offrironsi a Cristo onde annunziare la sua risurrezione alla madre: egli non volle Adamo, perchè, goloso dei pomi, non si indugiasse per istrada; non Abele, perchè andando non fosse ucciso da Caino; non Noè, perchè correvole al vino; non il Battista pel suo vestire troppo distinto; non il buon ladrone, perchè aveva rotte le gambe; bensì donne per la popolosa loquacità. Ma ben doveva esser applaudito quando, blandendo un sentimento troppo vulgare, predicava: «O voi, donne di questi signori e usuraj, se si mettessero le vostre vestimenta sotto il pressojo, ne scolerebbe il sangue de' poveri».


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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