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      Non erano dunque frutti d'una filosofia indipendente: seguitavasi l'istinto, non la riflessione; lo scetticismo usufruttavasi, non per iscassinare la fede, ma per solleticare l'arte, la quale gavazzava in licenza sfrenata, eppure arrestavasi davanti all'albero proibito, senza formolare veruna dottrina eterodossa; indipendenti nell'oggetto, sommettevansi cattolicamente nello spirito; e nessuno metteva in discussione seria, cogli altri nč con se stesso, quei punti che sono il mistero della societą, della credenza, della vita.
      Vanno dunque a gran pezza dal vero quelli che raccolsero tali satire o declamazioni per designare de' precursori alla protesta religiosa. Abbastanza ci fu veduto come tutte le eresie, dal mille in poi, chiedessero la riforma, ben prima che si passasse dalle sčtte entusiaste alla forma sintetica e scientifica del protestantismo. E sempre piissimi uomini e vescovi in prediche e in pastorali gemevano de' traviamenti curiali ed ecclesiastici, e reclamavano un rimedio. Gią al suo tempo san Bernardo esclamava: «Chi mi darą che, avanti morire, io possa vedere la Chiesa di Dio qual era ne' primi giorni?» Eppure con forza ineluttabile si oppose ad Abelardo e ad Arnaldo, appena li vide intaccare la Chiesa. Crebbe tale libertą nel grande scisma, allorchč non ben determinavasi qual fosse la Chiesa vera, e Clemengis faceva a Gerson una pittura orribile della Corte di Roma, da pura e santa mutata in bottega d'ambizione e rapina, dove tutto si vende, dispense, ordini, sacerdozio, peccati, sacramenti, messe; per denaro si elevano al sacerdozio imbecilli che neppure sanno quel che leggono e cantano.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantł
Utet
1865 pagine 608

   





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