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      Ama le lettere, ma invece di rispettarle come matrone, le accarezza come bagasce; dichiara arcipoeta Camillo Querno improvisatore, gran mangiatore, gran bevitore, che gli si era presentato col poema dell'Alessiade di ventimila versi, e di sue lepidezze gli ricreava la mensa. Vede alcuno preso da vanità? Esso gliela gonfia con onori e dimostrazioni, finchè divenga il balocco universale, come avvenne col Tarascon suo vecchio secretario, cui fece persuaso fosse improvisamente divenuto gran musicante, onde si pose a stabilire teoriche stravaganti, e finì pazzo. Così il Baraballo abbate di Gaeta a forza di encomj fu indotto a credersi un nuovo Petrarca, e Leone volle incoronarlo; e fattolo mettere s'un elefante donato da Emanuele di Portogallo, con la toga palmata e il laticlavio de' trionfanti, lo mandò per Roma, tutta in festa e parati, e non guardossi a spese acciocchè il poetastro salisse in Campidoglio ad onori che l'Ariosto non ottenne. Altre beffe usava a Giovanni Gazzoldo, a Girolamo Britonio poeti, all'ultimo de' quali fece applicare solennemente la bastonata per avere fatto de' versi cattivi.
      Questi e simili spassi del papa sono descritti da Paolo Giovio vescovo di Nocera, con un'ilarità, che anch'essa è caratteristica in un prelato; com'è notevole la conchiusione a cui riesce, cioè ch'essi sono degni di principe nobile e ben creato, sebbene gli austeri li disapprovino in un papa.
      A quel tipo informavasi la Corte. Il cardinale Bibiena si fece fabbricare sul Vaticano una villetta, dipinta voluttuosamente da Raffaello; sovrantendeva alle splendidezze della Corte, ai carnasciali, alle mascherate; persuase il papa a fare rappresentare la Mandragora del Machiavelli e la propria Calandra, alle cui scene da postribolo assistevano Leone in palco distinto325, Isabella d'Este e dame delle più eleganti d'Italia.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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