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      Tempo è che l'Italia riconosca il suo padrone, e Roma lo coroni: i poeti germanici sono pronti a celebrare il vincitore. In un epigramma introduce l'Italia a dire ad Apollo: «Tre mi fanno la corte; uno pien di mala fede, l'altro di vino, il terzo d'orgoglio. Poichè m'è forza sottomettermi, dimmi qual giogo sia meno grave. - Il veneziano è perfido sempre, rispose Apollo: sempre orgoglioso il francese; il tedesco non è sempre ubriaco: a te la scelta».
      Combattendo, cantando, amorazzando scorre l'Italia insultandola340. cogliendo un morbo che gli costò spasimi e denaro. Fra Roma e Viterbo assalito da sei Francesi, li pose tutti in fuga benchè ferito, sul che scrisse un epigramma In quinque Gallos a se profligatos; sentendo a Roma beffare la Germania da sette giovani, li sfida tutti; fa un trattato storico sulla continua reluttanza dei papi verso gli Imperatori: nella Trinità romana per rendere odiosa la Corte pontifizia, sostiene che da Roma si riportano tre cose; mala coscienza, stomaco guastato, borsa smunta; che tre cose ivi non si credono, l'immortalità dell'anima, la risurrezione dei morti, l'inferno; che di tre cose vi si traffica, grazia di Cristo, dignità ecclesiastiche e donne.
      Pubblicò pure una raccolta di lettere del xi secolo, De schismate quod fuit inter Henricum IV imperatorem et Gregorium VII, ove trasportandosi nel calore della lotta fra il pastorale e la spada, esortava l'imperatore a ripigliar la sua delegazione divina, pari a quella del papa, e vergognarsi di aver baciato il piede del pontefice.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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