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      Già per viaggio, in luogo di quelle fontane, sgorganti rozzamente da un tronco di abete forato, dei Cristi e delle grossolane Madonnine sugli svolti de' trivj, incontrando architetture e sculture, marmi ed ori nelle chiese, non che stupito, ne rimane uggiato: gli pare piovoso il clima, disagiati gli alberghi, aspro il vino, micidiale l'acqua, l'aria febbrile, meschina la natura quanto gli uomini. Dall'altura di Montefiascone l'immensa campagna romana gli si mostra arida e sterile, anzichè ridere d'ulivi e di rose qual se l'immaginava: e rimpiange la scintillante verzura della Sassonia e le secolari sue foreste, e quella pendice del Poltesberg, la quale, a dire suo, splende di più fiori che non tutte le colline d'Italia.
      Peggio gli uomini. Per lui chiunque porta una tonaca o dice messa, è un ignorante che non capisce il latino, e nè tampoco la lingua materna. A una taverna imbatte frati che sbevazzano, gesticolano, ciaramellano cavallerescamente di cose sacre: dapertutto santi, pitturati sulle case onde preservarle dal fuoco: dapertutto il matrimonio poco rispettato, onde dichiara questi Italiani figliuoli del peccato; prende scandalo d'un convento provisto di trentaseimila zecchini di rendita. Giunto alla santa Roma (così la qualifica), Lutero visita tutte le cappelle, crede tutte le legende, prostrasi a tutte le reliquie, sale ginocchione la scala santa; si duole che i suoi genitori non siano ancora usciti di vita, perchè potrebbe adoprarsi a riscattarli dal purgatorio con messe, preghiere, indulgenze; stupisce di quella pulizia severa, per cui di notte il capitano scorre la città con buone scolte, punisce chi coglie, e se ha armi lo appicca e getta nel Tevere; ammira il concistoro, e il tribunale della Sacra Rota, ove gli affari sono istruiti e giudicati con tanta giustizia373.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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