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      Poco tenace dell'antica tradizione, nè molto versato nella lettura dei santi Padri, non volle apprender i misteri del libro suggellato da quelli che, non a proprio senso, ma secondo la tradizione dei maggiori, cioè la vera, apersero la chiave del verbo di Dio. Avendo scritto molte cose eccellenti, da ultimo con alcune nuove sposizioni della Scrittura scemò autorità a ciò che avea detto pensatissimamente»392.
      A torto dunque si imputa Leone X d'avere scelto un debole avversario a Lutero. Questi propose una disputa pubblica in Augusta, ravvisando quanto vantaggio trarrebbe dal chiamare le turbe a giudici in punti positivi, fondati sull'autorità. Ricusato, Lutero tergiversa, vuol discutere, ringrazia il Cajetano d'avere usata carità con lui, che pur s'era mostrato violento, ostile, insolente verso il nome del papa, ma il Cajetano riduce la quistione ai veri e finali suoi termini, cioè l'obbedienza assoluta alla Chiesa come unica autorevole in materia di fede: «Il papa ripruova le vostre proposizioni: voi dovete sottomettervi. Il volete o no?» E Lutero ricusa l'incondizionata sommessione, e sostiene che anche ad un laico armato di autorità devesi credere più che al papa, che al Concilio, che alla Chiesa stessa.
      Leone approvò l'operato dai distributori delle bolle d'indulgenze, e dichiarò eretico Lutero. Il quale al papa scrisse in tono di canzonella, compassionandolo come un agnello fra lupi, e ricantando tutte le abominazioni che di Roma si dicevano. «Gran peccato, o buon Leone, che tu sia divenuto papa in tempi ove nol potrebb'essere che il demonio.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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