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      Ne gemeva Lutero, e diceva: «Appena cominciammo a predicare il nostro vangelo, fu nel paese uno spaventevole stravolgimento; si videro scismi e sêtte, e dapertutto la rovina dell'onestà, della morale, dell'ordine: la licenza e tutti i vizj e le turpitudini trascorrono, peggio che non facessero sotto il papismo: il popolo, dianzi tenuto in dovere, non conosce più legge, e vive come un cavallo sfrenato senza pudore nè freno, a grado di materiali desiderj. Dacchè noi predichiamo, il mondo diventa più tristo, più empio, più svergognato: i demonj s'avventano a legioni sugli uomini, che alla pura luce del Vangelo mostransi avidi, impudichi, detestabili peggio che non fossero sotto il papato: dal più grande al più piccolo non v'è dapertutto che avarizia, disordini vergognosi, passioni abbominevoli. Io stesso son più negligente che non fossi sotto il papismo, e vengo meno alla disciplina e allo zelo che dovrei avere più che mai. Se Dio non m'avesse celato l'avvenire, non avrei mai osato propagare una dottrina, da cui doveano conseguir tante calamità, tanto scandalo»455.
      Per verità, abbattuta l'autorità ecclesiastica, per non abbattere anche tutto l'ordine sociale si richiedeva un'incoerenza, un rifuggire dalle conseguenze necessarie; sicchè, più non dirigendo i venti che avea scatenati, Lutero rinnega il proprio canone della ragione individuale, e agli esagerati oppone la sacra scrittura e i libri simbolici456: poi scostandosi dal popolo, di cui s'era fatto un appoggio, tende a ingagliardire il principato: e di qui comincia l'azione politica della Riforma, qual fu d'attribuire ai principi l'autorità anche in materie ecclesiastiche, talchè ogni suddito dovesse credere e adorare come voleva il sovrano; cujus regio ejus religio; e i principi più non conobbero ritegno da che diressero anche le coscienze457.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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