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      Adriano, volendo correggere tutto e subito, consultava ora i Tedeschi ora gli Italiani, e pareangli facili le riforme, messe in discussione; ma quando volea ridurle in atto, riuscivangli impossibili. Perocchè v'ha abusi antichi, i quali, col resistere alla pruova del tempo, mostrano essere compatibili col bene, vi sono verità nuove che, avventando la società sopra un calle diverso, le riescono micidiali: sicchè ogni rivoluzione e per ciò che erige, e per ciò che demolisce, genera perturbamenti e conflitti. V'ha abusi così profondamente radicati, da far temere che colla zizzania si svelga anche il buon frumento, oltre che gl'interessi personali impediscono i buoni e pronti effetti. Perciò si lagnava egli della misera condizione dei pontefici, che, pur vedendo il bene, nol poteano effettuare. Chiamò per ajutarlo in tal uopo Giampietro Caraffa e Marcello Gaetano, austeri ecclesiastici; sgomentò coll'annunzio di volere recidere di colpo i disordini della dateria e della penitenzieria; col togliere le vendite simoniache, pregiudicava quelli che in buona fede le aveano prese in appalto; turbò le aspettative coll'abolire la sopravvivenza delle dignità ecclesiastiche: cinquemila benefizj rimaneano così vacanti, ed eccitavano speranze smisurate, che tutte trovavansi deluse; diffidando dei più come corrotti, era costretto porre il capo in grembo ai pochi cui credeva, e che lo tradivano; per togliere via le indulgenze voleva ripristinare le antiche penitenze, ma gli fu fatto intendere che, per serbare la Germania, mettevasi a rischio di perdere l'Italia.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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