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      Ma quell'aureo libricino invoca i santi; e l'iniziazione progressiva conduce per mezzo dell'astinenza, dell'ascetismo, della comunione finchè si giunga all'unione; talchè nè d'un punto scatta dalle ritualità della Chiesa nostra, la quale col venerarlo mostrava abbastanza che tale era la costante sua pratica574.
      Il Flaminio lo esalta grandemente, e «non saprei proporvi libro alcuno (non parlo della scrittura santa) che fosse più utile di quel libretto De imitatione Christi, volendo voi leggere non per curiosità, nè per saper ragionare e disputare delle cose cristiane, ma per edificare l'anima vostra, e attendere alla pratica del vivere cristiano; nella quale consiste tutta la somma, come l'uomo ha accettato la grazia del vangelo, cioè la giustificazione per la fede. È ben vero che una cosa desidero in detto libro, cioè che non approvo la via del timore, della quale egli spesso si serve. Non già che io biasimi ogni sorta di timore, ma biasimo il timore penale, il quale è segno d'infedeltà o di fede debolissima; perocchè, se io credo daddovvero che Cristo abbia soddisfatto per tutti i miei peccati, passati, presenti e futuri, non è possibile che io tema di essere condannato nel giudizio di Dio; massime se io credo che la giustizia e la santità di Cristo sia divenuta mia per la fede, come debbo credere se voglio essere vero cristiano»575.
      Anche lo storico cardinale Sforza Pallavicino appunta il Flaminio di «covare nella mente tali dottrine, per non dover combattere le quali ricusò d'andare secretario al concilio di Trento»; e soggiunge che, in fine degli anni suoi, la salutevole conversazione del cardinale Polo il facesse ravvedere, e scrivere e morire cattolicamente.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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