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      «Le alte e religiose parole della umanissima lettera di vostra maestà mi dovriano insegnare quel sacro silenzio, che invece di lode si offerisce alle cose divine. Ma temendo che la mia Riverenza non si potesse riputare ingratitudine, ardirò, non già di rispondere, ma di non tacere in tutto, e solo quasi per inalzare i contrapesi del suo celeste orologio, acciocchè, piacendole per sua bontà di risonare, a me distingua ed ordini l'ore di questa mia confusa vita, fintantochè Dio mi concederà di udire vostra maestà ragionare dell'altra con la sua voce viva, come si degna di darmene speranza. E se tanta grazia l'infinita bontà mi concederà, sarà compiuto un mio intenso desiderio, il quale è stato gran tempo questo, che, avendo noi bisogno in questa lunga e difficil via della vita, di guida che ne mostri il cammino, con la dottrina e con le opere insieme ne inviti a superar la fatica. E parendomi che gli esempj del suo proprio sesso a ciascuno siano più proporzionati, ed il seguir l'un l'altro più lecito, mi rivoltai alle donne grandi d'Italia per imparare da loro e imitarle; e benchè ne vedessi molte virtuose, non però giudicava che giustamente l'altre tutte quasi per norma se la ponessero. In una sola fuor d'Italia s'intendeva esser congiunte le perfezioni della volontà, insieme con quelle dell'intelletto..... Certo non mi sarà difficil viaggio per illuminare l'intelletto mio e pacificare la mia coscienza; e a vostra maestà penso che non sia discaro per aver dinanzi un subjetto ove possa esercitar le due più rare virtù sue; cioè l'umiltà, perchè s'abbasserà molto a insegnarmi, e la carità, perchè in me troverà resistenza a ricever le sue grazie.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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