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      A petto a' quali vantavasi: «Procedo alla libera, conosco i ribaldi, abborrisco gl'ingrati; e non lo vuò dire per modestia, eppure si sa e non si nega, per sì more offese e sì turche non mancò di battezzata credenza alla Chiesa: del che fanno fede i libri che di Cristo ho scritto e dei santi..... Intanto comincio a mettere la penna in tutto il legendario dei santi, e tosto ch'io abbia composto, vi giuro, caso che non mi si provegga da vivere, che al sultano Solimano lo intitolo, facendo in sì nuova maniera la epistola, che ne stupirà ne' futuri secoli il mondo, imperocchè sarà cristiana a tal segno, che potria muoverlo a lasciar la moschea per la chiesa».
      Tornando a Roma, «Son fuori da me sempre più (scrive) non per altro che per dubitare che le smisurate accoglienze con cui il papa abbracciandomi baciommi con tenerezza fraterna, col concorso di tutta la Corte a vedermi, non m'incitassero a finir la vita in palazzo, nel quale mi si diedero stanze da re. Il comune giudicio afferma che, tra ogni meritata felicità di sua beatitudine, debbe il pastor sommo mettere il mio esser nato al suo tempo, nel suo paese e suo devoto». Se credessimo a lui, si pensò fino di ornarlo cardinale: certo a Paolo III scriveva: «Io in esser fervido ecclesiastico non cedo alla essenza dell'istessa Chiesa, e fanno di ciò fede, insieme coi salmi e col genesi che di mio si legge, la vita di Gesù Cristo, e la di Maria Vergine, e la di Tommaso d'Aquino e la di Caterina santa; volumi da me composti quando si giudicava per i tradimenti usatimi dalla Corte ch'io piuttosto dovessi scrivere ciò che mi dettava lo sdegno, che quanto mi consigliava la coscienza»15.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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