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      «Venuto il fine de' quaranta giorni, l'ultima Compagnia inviti l'altre; e venendo o no, faccino una breve e divota processione, odi la messa e si comunichi, e se pure trova altre Compagnie disposte, le guidi in qualche tempio, dove, dopo un pubblico sermone o predica, si facci una pubblica e divota comunione, e cantando Te Deum ognuno ritorni all'oratorio suo, e la Compagnia che fu prima piglierà la sua croce, e porteralla al suo oratorio. Non si facci apparati con drappi, panni, tappezzerie o frasche, anzi si faccia semplicemente con divozione e zelo di Dio, e gli apparati nell'anima nostra.
      «Vi si comanda da parte di Cristo crocefisso, che si fugga ogni precedenza, ambizione e onore, acciocchè non possa mai nascere un minimo scandalo e facendosi processione, vadasi senza insegna confusamente. E se invitando voi le Compagnie, qualcheduna o tutte non venissero, non vi scandalizzate, anzi state quieti, e pensate che così è volontà di Dio. Fino quando l'altre vi inviteranno, siate li primi, e umiliatevi, perchè con la santa umiltà s'acquista il paradiso.
      «Insomma quando sentite cosa alcuna che possi dare alterazione, immediate mozzate le maestre, e non se ne parli, nè vi si pensi più, e fate questa deliberazione ora per sempre di far ciascuna vostra opera a onor di Dio, e di poi trattatela alla libera e puramente, e così vedrete che di bene in meglio anderanno le cose vostre, e quest'orazione santissima, la quale renderà frutti gratissimi a Dio e salutiferi a noi.
      «Perchè una delle cose necessarie ad un cristiano, anzi la più importante è l'orazione, e perchè rari sono che sappino altro che rimenare le labbra, non che fare orazione, e maggiormente l'orazione mentale; però si prega la carità vostra, che qualche volta, anzi spesso avvertiate li nostri fratelli che si faccino insegnare da chi se n'intende, e di più che si provedino di libri spirituali che ne contenghino, e molti vedano con quanto loro scapito fino ad ora o per negligenza o per ignoranza sono stati privi di cosa sì utile.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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