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      Questo beneficio rileverò da vostra signoria reverendissima per tanto grande, quanto fu quello che mi fece nostro signore dandomi la chiesa; e essendo conservato da lei nello stato e nella dignità mia, sforzerommi alla giornata con gli studj e con le fatiche mie di mostrarmi grato servitore. Io son ben uomo di poca stima, pur supplico vostra signoria reverendissima che, tale quale io mi son, mi voglia conservar, e non lasciar distrugger da impj. Le bacio umilmente le mani, e in sua buona grazia mi raccomando». Di là recammo pure questo viglietto:
      «Illustrissimo reverendissimo monsignor reverendissimo,
      «Il presente lator è mio nipote, il quale io mando a Roma a posta per le cose mie, non vi potendo venir in persona, impedito da malattia e da povertà. Supplico vostra signoria illustrissima e reverendissima che lui e me abbia raccomandati, e che ci faccia dar espedizione. Così Dio a lei doni tutto ciò ch'ella desidera. Bacio la mano.
     
      «Di Venezia alli VI di gennaro nel mdxlvii.
     
      Umilissimo servitor Vergerio vescovo».
     
      Avevagli sempre affettato di appellarsi ad altri giudici: e il 15 marzo 1546 da Venezia scriveva ai legati del Concilio124.
      «Desideroso di obbedire e di poter fare la passeggiata mia, son venuto in qua dove starò aspettando le signorie vostre reverendissime che mi son patrone operino per bontà loro che mi sia mandato il breve con la commission della causa al reverendissimo Legato e patriarca o veneto o aquilejese... Raccomando il negozio, e me alla bontà e carità di quello.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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