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      In alcuni scritti usò d'un'ironia così ben sostenuta, d'aver illuso molti. Tali sono le «Due lettere d'un cortigiano, nelle quali si dimostra che la fede e l'opinione di Roma è molto più bella e più comoda che non quella dei Luterani. - Terza lettera d'un cortigiano, il quale afferma che a suo parere la messa del papa è più bella che la comunione che si fa in alcun loco della Germania. - Quarta... nella quale gli dice che si comincia ad accorgere che la dottrina, ch'ei chiama luterana, sia la buona e la vera, e che quella del papa sia la corrotta e la falsa». Van sul tono istesso le Tre azioni del secretario pontificio, che suppone pubblicate intorno al Concilio, tutte spirito, ma senza atticismo di lingua nè di pensieri; canzonando vescovi e sinodo, e voltando in riso la paura di guerra, sia col Turco, sia co' Protestanti, quasi fossero invenzioni papistiche.
      Al duca Alberto di Prussia, che lo chiamava amice singulariter dilecte, da Tubinga il 18 gennajo 1565 scrive: «Poichè il papa intimò il Concilio, i nostri principi non v'andranno, nè manderanno, ed è ben fatto. Ma io stabilii d'andarvi, e chiesi un salvocondotto. Che se lo spirito di Dio mi comandi altrimenti, e mi tolga quest'occasione di manifestar per me la gloria di Dio, stabilii darmi tutto a Cristo e alla quiete, e detto addio agli affari, prepararmi alla morte, che spero m'aprirà la vita eterna. Vostra altezza si meraviglierà udendo in quali luoghi io desideri dispormi a dar l'anima a Dio. Le chiese dei Valdesi piacciono al mio spirito; onde vi andrò, m'innesterò in quelle appresso la Posnania, o nel vostro ducato.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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