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      Da poi mi offersi a dire ingenuamente tutto quello che mi fossi ricordato; e ridussi a memoria a monsignor reverendissimo Alessandrino che, prima ancora io mi era offerto a farlo, e dal principio del pontificato di sua santità l'avevo ricerco alcuna volta, come spero sua santità ne abbia memoria.
      Dissi di poi che io era nato tra cristiani, sotto l'obbedienza della santa sede apostolica186 e della santa romana Chiesa, madre e maestra di tutte l'altre chiese, e che io volevo morire in quella, sottomettendo sempre ogni mia non solo azione ma parere e sentimento alla correzione sua, non essendomi con la volontà mai partito da essa, nè volendo partire in modo alcuno, con l'ajuto di Dio. Il che di nuovo replicai, essendo certissimo che nessuno si può salvare fuori di questa sacra romana Chiesa, di cui ora è presidente e capo papa Paolo IV, vicario di Cristo in terra e successore di san Pietro.
      Aggiunsi che io non era nè teologo nè canonista, ma più presto ignorante, e che naturalmente io aveva poca memoria, la quale ancora per li accidenti e travagli miei continui era fatta minore; e però pregai detti reverendissimi signori volessero dirmi come potessi in tutto soddisfare nel presente negozio, perchè io era prontissimo a dire tutto quello di cui mi fossi ricordato.
      Ricordai ancora con ogni reverenza per testimonio del buon animo mio nella religione, che, avanti che entrassi in conclave, e dopo che fui entrato, sempre io fui risoluto per il servizio di Dio e per l'affezione che io portava alle rare virtù di sua santità, di favorire la promozione di sua beatudine, come feci, ed è notorio.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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