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      Però voglio dire che quando un libro par buono, e non è proibito, avendo qualcosa mala dentro, è facil cosa che uno, anche più dotto di me, si inganni, e non avverta gli errori. Ma io non difendo il libro e lascio la censura alla sede apostolica, la quale io sempre voglio seguitare, e lo voglio avere per reprobo in tutti quelli punti che si trovano contro la verità cattolica; e perchè intorno a questo libretto possono esser occorsi diversi accidenti, delli quali non ho così particolar memoria, mi rimetto in tutto alla verità. Mi pare aver detto la somma di quanto mi ricordo: sol questo voglio aggiungere perchè sia più conosciuta la sincerità dell'animo mio, che, essendo in conclave, e avendo sentito mormorar non so che contro di me per questo libretto, lo dissi al cardinale di Trento, il quale mi rispose: «Io l'ho in delitiis, ligato in oro in casa mia»; ed io gli dissi lasciasselo, giacchè pativa eccezione. Voglio ancor dire che non potei mai saper l'autore del libro se non dopo alcuni anni, perchè si diceva esser stato il Flaminio, ed esso lo negava: dopo intesi esser stato un monaco di San Benedetto, credo o siciliano, o del Regno, che non ho saputo il nome.
     
      Di frate Bernardo.
     
      Avendo il vescovado di Modena, per esser quei cervelli gagliardi, e contaminati come erano, e avendo li magistrati secolari allora poco favorevoli, essendo persuaso ed avendo per l'esperienza provato che, prima di esecuzione, non poteva provvedere agli inconvenienti, cominciai a pensar se per via di benignità e di confidenza potessi scoprir bene tutto il male, del quale era impossibile aver notizia per via di deposizione, perchè nessuno voleva far l'ufficio.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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