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      Delle opere e meriti.
     
      Perchè abbiam tocco di sopra delli meriti nostri e delle opere buone, voglio in qualche modo esplicare qui il mio concetto, il quale è ch'io non mai ho dubitato che le buone opere non siano necessarie alla salute nostra quando si possono fare; e che, quando sono fatte in grazia, non siano meritorie di tutto quello che Cristo benedetto ha promesso non solamente delli beni di questa vita, ma della vita eterna; e trovo questa verità fondata nella Scrittura, e tenuta da tutta la Santa Chiesa. Ma perchè noi uomini siamo di natura assai arrogante, e cerchiamo sempre d'esaltare noi stessi, leggendo continuamente quanto sia grato a Dio la vera umiltà, nelli ragionamenti miei ho molte volte detto che, quando m'appresento nel cospetto di Dio, non posso metter la speranza nelli miei meriti, nè nelle mie opere perchè son poche ed imperfettissime, e li peccati e le negligenze sono infiniti e gravi: e perchè molti anni fa aveva letto nella vita di san Bernardo che, essendo egli gravemente infermo, stando per morire, fu presentato innanzi al tribunal del Signore in excessu mentis, ove venne ancora l'avversario, il quale l'accusava delli suoi difetti, e quando toccò a san Bernardo a dire la parte sua, disse queste parole: Fateor non sum dignus ego, nec propriis possum meritis obtinere regnum cœlorum; duplici jure illud obtinet Dominus meus heres, hereditate patris et merito passionis, altera ipse contentus, alterum mihi donat, ex cujus dono jure illud mihi vendicans non confundor, ed ho veduto in molti libri spirituali in una simil sentenza, come dice Lodulfo Cartusiense In vita Cristi: Caveat prudenter fidelis peccator ne unquam, in quocumque statu fuerit, confidentiam in suis meritis habeat, sed tamquam mendicus pauperculis omnino nudus ad elemosinam dominicam mendicandam semper vacuus accedat; hoc autem faciat non quasi ex humilitate facti merita sua abscondens, sed certissime sciens quod non justificabitur in conspectu Dei omnis vivens; etiam solius cogitationis nostræ non possumus rationem reddere, si ipse voluerit nobiscum in judicium intrare, ed altri simili detti appresso li santi dottori.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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