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      Stando questa mira non senza un poco di vanità, mi sforzavo in ogni occasion fare cosa grata universalmente a quella nazione ovunque mi trovava, e in ispecie a Bologna ove ero Legato. E benchè credeva che ve ne fossero de' scolari luterani, pure io non li cercava: e se non avessero fatte cose scandalose, non gli diceva altro; anzi gli faceva delle grazie, come di dargli licenza di portar le armi. E perchè sapeva che in Germania è gran curiosità di saper le cose d'Italia, mi sforzava ancora di non acquistar nome di persecutore dei Luterani per poter guadagnarli se a Dio fosse piaciuto. E questo medesimo aveva prima fatto in Trento quando era Legato al Concilio, ove, per speranza di farli venire, mostrava ed in pubblico alcuna volta di difendere in qualche cosa la loro parte, sapendo che in Trento v'erano molte loro spie; il che forse anco mi ha nociuto alli sospetti di qua, perchè mi pareva onesto che fosse alcuno in Italia, dal quale essi non fossero totalmente aborrenti, e non credeva mai che potesse nascere sospetti di me, avendo tanti anni faticato per servir questa Santa Sede.
      Ma confesso che l'amor proprio mi faceva credere più di me che non doveva; e se avessi ben considerato l'insufficienza mia, non sarei entrato in tal presunzione, e conseguentemente non avrei fatto le cose che ho detto di sopra.
      Ora al proposito avendo considerato a che persone sospette posso aver dato denari, mi pare ricordarmi ancora che qui in Roma donai una collana a un gentiluomo siciliano, don Bartolomeo Spatafora, il quale però era stato assolto per giustizia del reverendissimo Sfondrato, come esso me diceva, e pareva garbato e gentilissimo ed era povero e voleva partirsi per casa sua.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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