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      Guai!
     
     
     
      DISCORSO XXX
     
      PIO IV. IL CONCILIO TRIDENTINO.
     
      Perchè là vita, questo combattimento, cui prezzo è l'immortale godimento di Dio, diventasse meritoria, bisognava vi fossero e luce bastante a illuminare la fede, e tenebre bastanti a offuscarla: senza di queste l'evidenza avrebbe colpito l'anima di modo, che cessati sarebbero l'equilibrio fra il bene e il male, e la possibilità del peccare, e l'azione dell'uomo sul proprio destino, e il merito della santità200. Di qui il perenne conflitto dell'errore contro la cattedra della verità, che fra il vecchio mondo osceno e il nuovo feroce fu eretta contro la servitù del pensiero e conservata nella libertà del pensiero, la quale non consiste nell'autonomia assoluta, ma nel non avere ostacoli a riconoscere la verità, nell'esplicarsi l'intelletto nel campo dell'intelligibile.
      Ogni qualvolta si trovò lacerata da qualche grave eresia, la Chiesa adunossi in Concilio attorno al successore «del gran viro, a cui nostro Signor lasciò le chiavi»201, onde proferire come appariva ad essa ed allo Spirito Santo. Se fonte viva della vera civiltà è la fede divina, importa conservarla nella sua purezza: i popoli di tutto il mondo congiungere di credenze e di riti; ritemprare l'interno di questa società col correggere i costumi e principalmente quelli del clero; fuori difenderla dai nemici comuni, effondere fiumi di verità e di vita sopra quanto v'ha di nobile, di bello, di generoso nella natura umana. A tal uopo non s'introduce nulla di nuovo: le cognizioni umane, forse l'intelletto nostro son altro che tradizione?


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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