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      Vedemmo come poi trascendesse il Concilio di Basilea. Adesso si riuscirebbe a ricondur le pecore sotto un solo pastore, come erasi fatto a Nicea?
      La Chiesa professa essere unica depositaria e interprete della parola divina, e quindi infallibile nel profferire ciò che tutti devono credere; i Protestanti arrogano a ciascuno l'intender a suo senno le sacre carte, all'autorità comune sostituendo la capacità individuale. Questo radicale dissenso toglieva qualunque possibilità di accordo; già a quel punto ciascuno aveva preso partito; le opinioni religiose eransi rinterzate cogl'interessi politici; il mondo diviso in due campi, umanamente irreconciliabili; talchè il sinodo, non potendo scendere a transazioni nè decidere altrimenti da quel che avea fatto la Chiesa, sin d'allora restava ridotto a «far una lunga e coscienziosa recensione del sistema cattolico». Ma gli avversarj tergiversavano col solito artifizio del chiedere troppo, pretendendo che il papa vi comparisse non qual capo, ma qual membro, e che anche i novatori vi avessero voce deliberativa, lo che equivaleva a dare già per ammessa la scissura. E questi sotterfugi non cessarono più. Se i papi sollecitavano il Concilio, diceasi, «Non v'è tempo ad allestirlo; affrettano a bella posta perchè sieno scarsi gli intervenienti, e prevalgano affatto gli Italiani, loro devoti». Se indugiassero, li tacciavano di non volerlo che in parole, di fare scaturire difficoltà, d'adombrare ne' ragnateli. Voleva il papa far da sè? lo gridavano arrogante, e che pregiudicasse la quistione della supremazia.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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