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      Dopo un lungo predicarlo quando il papa non lo volea, poi ricusarlo quando il papa l'accettò, e domandar che non ci fossero truppe per non diminuire la libertà della discussione, poi volerne per la comune sicurezza, il Concilio vi fu aperto al 13 dicembre 1545. Paolo III, che sinceramente lo bramava208, aveva all'uopo spedito in Germania Ugo Rangone: poi a presiederlo come angeli della pace mandò Giammaria Ciocchi del Monte e Marcello Cervini, cardinali che poi divennero papi, e l'inglese Reginaldo Polo che ne fu a un punto. Essi vi fecero leggere un'ammonizione, qualmente il Concilio teneasi per tre oggetti: 1° l'estirpazione delle eresie, non suscitate da loro, ma per la negligenza nel difendere le buone dottrine e nello svellere la zizzania: 2° emendar i corrotti costumi, dov'era manifesto che gli ecclesiastici erano e depravati e depravatori; 3° provvedere alla guerra civile fra i Cristiani e all'esterna co' Turchi.
      La prima adunanza, con venticinque vescovi, si logorò in dispute sui convenevoli, sul cerimoniale, sulle forme, sul modo di votare, perfin sul titolo del sinodo: perditempi che noi vediamo rinnovarsi ogni tratto in assemblee non di frati e cardinali, e che con cura puerile raccolse frà Paolo Sarpi, come farebbe ora un gazzettiere. Nel 1547 scoppiano febbri perniciose con petecchie, sicchè il medico Fracastoro dichiara sovrastare gran pericolo di pestilenza, e che essendo egli chiamato a curar le malattie ordinarie, non il contagio, si licenziava dal servizio. I legati protestarono farebbero quel che i Padri risolvessero, e di questi, ch'erano cinquantotto, quaranta opinarono per la traslazione.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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