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      Ognuno dice quel che vuole, e come lo vuole, e quando lo vuole: l'impotente, il maligno, il vile che vuol ferire senza farsi scorgere, lo sfacciato che vuol asserire senza vergogna di smentita, aveano trovato il loro campo, e come far prevalere l'utile al giusto, gl'interessi al diritto, purchè l'osassero.
      Alle prime non se ne conobbe che l'utilità: come vedemmo250, i papi accolsero la stampa sotto il loro manto, quale una benedizione del Cielo: i dotti l'applausero come un mezzo di popolarizzare la coltura; ma intanto a migliaja di copisti, più o meno eruditi, surrogavasi il torchio inintelligente: al libro, che un autore elaborava unico in tutta la vita, e che tramandavasi alla posterità, sottentrava l'improvvisa composizione, destinata a brevissima vita; gustato di quel nettare, presto se ne divenne ubriachi: la propagazione de' classici tentò ripiantare la civiltà pagana, non ancora sulle ruine, ma in competenza della cristiana: le dispute vennero divulgate e perpetuate. Gli Egiziani aveano detto a Platone che la scoperta della scrittura fu il primo attentato contro il carattere santo del pensiero251. Nel senso medesimo potè dirsi che la stampa diè il crollo all'edifizio feudale ed ecclesiastico, e così attenuò il diritto personale, tanto prezioso per chi rispetta sè stesso, offrendo un poderosissimo mezzo all'accentramento, all'audacia, alla scaltrezza, onde conformare tutte le menti sul modello che piacesse a chi o esercitava o dirigeva questo grande pressojo.
      La stampa era ben lungi dall'aver acquistata la onnipotenza che poi, che oggi: ma subito se ne insignorì quella umana inclinazione che volge ad attaccare ciò, che, per qualsiasi titolo, è rispettato.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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