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      Pio IV chiamò a Roma Paolo Manuzio, elegante e dotto stampatore, affinchè con que' suoi lodatissimi caratteri pubblicasse i santi padri262. Esso Manuzio, dedicando a Carlo Borromeo l'edizione di san Cipriano (Roma 1563), divisa le cure che egli e altri letterati italiani posero ad emendarne le opere, parendogli che «in tanta procella, in tanta distruzione giunga opportuna la voce di Cipriano, sostenitore meraviglioso della cattolica dignità»263.
      Il raffinamento della civiltà esigeva si emendassero le lezioni apocrife, certe goffe antifone, alcuni riti burlevoli, introdotti dall'ignoranza o dalla semplicità, e Leon X ne diede commissione a Zaccaria Ferreri vicentino. Quando lo spirito ecclesiastico era sì scarso, e l'amor dell'eleganza preoccupava a segno da far sorridere all'impulito latino di san Paolo, potea molto sperarsi da quest'uffizio? Lo Zaccaria avea servito al cardinale Carvajal nel conciliabolo di Pisa, onde erasi ricoverato a Lione, finchè il papa gli perdonò; ed egli in tre giorni fece un poema di mille esametri, ove esaltava la felicità del genere umano sotto un tal pontefice. Messo a riformare gli inni, li leggeva man mano a Leon X, che gliene faceva congratulazioni; ma se erano puri di stile, restavano freddi di pietà, ritraendo da Orazio non solo le parole ma le immagini. Meglio riuscì il Sarbiewski che, per ordine di Urbano VIII, assunse il medesimo còmpito con maggior rispetto264.
      Pio V mandò un nuovo breviario, obbligatorio per tutte le chiese che non ne avessero uno almeno ducentenario; e vi tenne dietro il messale.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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