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      Tale costituzione volle fosse firmata da tutti i cardinali, e giurata da ogni successore, come in fatto si continua. In forza di essa molti possessi vennero ricuperati, si tolsero altri ch'erano motivo di scandalo agli eretici in paese dove anche abati e vescovi alienavano e infeudavano. Pio non avea famiglia sua da arricchire, non ambizioni proprie da fomentare, non gelosie con principi stranieri. Solo per calde istanze conferì la sacra porpora a un suo pronipote, frate di gran virtù; un altro ch'era caduto nei pirati, riscattò a tenue prezzo, e fattolo comparir a Roma in arnese da schiavo, gli regalò un cavallo e cento scudi. Prodigò invece ai poveri, massime in un'epidemia allora gettatasi. E poichè credeva il papato fosse un gran pericolo alla salute dell'anima, e professava «Chi vuol governare altrui, cominci dal governare se stesso», restrinse le spese, mantenendosi da monaco; nè provava bene che nello stretto adempimento de' proprj doveri, e nella fervorosa meditazione e adorazione, da cui si levava in lagrime.
      L'ambasciadore veneto Paolo Tiepolo, in agosto 1566, assistette a una cena di esso, e scrive: «Mangiò quattro susini cotti con zuccaro: quattro bocconi di fiore di boracina, acconci in salata da lui medesimo; una minestra d'erbe; due soli bocconi d'una fortaja fatta con erbe e cotta in acqua solamente, senza olio e senza onto sottile; cinque gamberetti cotti in vino; e dopo pasto tre bocconi di pero o persico cotto, con che finì la cena; nè altra vivanda fu portata in tavola.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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