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      Ad uno che si lagnava chè il caldo di Roma non lascia lavorare, «Chi poco mangia e poco beve (disse) non sente l'arsura dell'estate».
      Sentendosi morire, Pio visitò le sette chiese, baciò la scala santa per congedarsi da quei sacri luoghi. Nei dolori esclamava: «Signore; cresci i patimenti, purchè cresca la pazienza». La sincerità della sua devozione fece che, malgrado l'austerità, il popolo l'amasse vivo, morto lo venerasse: Bacone meravigliavasi che la Chiesa non noverasse fra i santi questo grand'uomo; e di fatti egli fu l'ultimo papa canonizzato442.
     
     
     
      DISCORSO XXXV
     
      DEGLI ERETICI IN TOSCANA. IL CARNESECCHI.
     
      Chi osservi ancora Firenze prima che sia compiuta la trasformazione sua, non tanto politica come morale e artistica, vi trova dapertutto l'opera della religione, e viepiù nell'ispirazione de' suoi poeti e de' suoi artisti, quando l'arte non era ancora ridivenuta pagana e principesca. La Toscana deve ai monaci il primo bonificare delle Chiane; e se il Pian di Ripoli uscì feracissimo dagli acquitrini; se presso ai pantani di Varlungo (Vadum longum) ondeggiarono di biade le campagne ubertose di San Salvi e di Rovezzano, fu merito de' monaci. Il palustre deserto fra Prato e Firenze, dacchè vi si stabilì la badia di San Giusto divenne il bel territorio di Osmannoro, mentre i Benedettini di Settimo coi rigagnoli e le colmate risanavano la riva opposta dell'Arno. Tutto l'Arno ebbe sostegni, pescaje, scoli dai monaci, ai quali Firenze lungo tempo affidò la costruzione e manutenzione de' ponti, delle mura, delle fortezze.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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