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      Io mi sono per l'addietro, per l'offizio mio, attraversato a molte di queste cose, ho fatto rompere le stampe. Un frà Bernardo da Castiglione, che n'era stato autore e le aveva fatte fare, lo feci levare di San Marco, e fu messo in Viterbo, dove si è morto: ho impedito che la sua immagine non sia dipinta nel chiostro di Santa Maria Novella in fra i santi dell'Ordine; il sommario della sua vita e miracoli ho fatto che non sia stampato: ho messo paura ai frati, gli ho fatti riprendere e ammonire, e penitenziare dai loro superiori, e a tutto questo mi favorì a spada tratta il cardinale Justiniano s. m., il qual conosceva l'importanza della cosa.....
      «Serenissimo signor mio, per la molta pratica che io ho delli umori di cotesta città, a me pare che la devozione di frà Girolamo causa duoi effetti cattivi, anzi pessimi quando vi si gettano, come fanno di presente; il primo è, che quelli che vi credono si alienano dalla sede apostolica, e se non diventano eretici, non hanno buona opinion del clero secolare e de' prelati, e gli obbediscono mal volentieri, ed io lo pruovo. L'altra, che tocca a vostra altezza, è che si alienano dal presente felice stato, ed all'altezza vostra concepono un certo odio intrinseco, se ben la potenza e la paura li fa stare in offizio. Ed io mi ricordo che Pandolfo Pucci, una volta, poco innanzi che si scoprisse il suo tradimento, mi disse una mattina grandissimo bene di frà Girolamo con mia grandissima meraviglia: so che leggeva le sue opere con quelli altri congiurati.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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