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      Dio gli doni ardire, e sarebbe ben tempo ch'egli si avesse a dichiarare con tutta la sua scola.
      «Aggiungo di questo libretto che sono due persone, le quali vi hanno posto mano; una l'ha cominciato, l'altra finito ed espolito, e tutte due sono in Italia, e molto conosciute e carezzate dai primi membri e ministri di Roma, e il libro loro è condannato per eretico. Staremo anche a vedere se essi potranno sofferire, e divorar questa ingiuria che è fatta sulla faccia del Padre loro celeste, o se pur la vorranno dissimular e godersi le comodità e delizie delle chieriche loro».
      Da retore e sofista, il Vergerio vuol confondere il titolo del libro col benefizio di Cristo, quasi sia questo dai censori condannato. Poi stringe: «Or di questo libro, ascoltate; o è buono, o è tristo. Se è buono, perchè averlo condannato? Se è tristo, perchè ne hanno prima lasciati vender quaranta mila, che tanti io so che, da sei anni in qua, ne sono stampati e venduti in Venezia sola? perchè hanno lasciato andar attorno tanta quantità di tossico di anime, secondo loro?
      «Questa è gran cosa; dove costoro, essendone tanto pregati e sgridati dovrebbero ogni anno diventare più umili, più riconoscere gli errori, le superstizioni, le tenebre nelle quali hanno voluto tener soffocata la povera gente, e mitigarla, e farsela benevola, e compiacerla dove va la gloria di Dio, vedendo che ella desidera tanto di stare con la dottrina dell'evangelo, si hanno deliberato di voler insuperbire ogni giorno più, e di voler tenere bassi e tirannizzar i poveri popoli, e ascondere ogni cosetta che potesse dar loro luce alcuna della salute.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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