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      V'ha uomini acerbi, duri, colpevoli, appo i quali neppur il Padre e Cristo autore della salute può lodarsi appieno; e mi fu dato accusa d'avere scritto in quest'anno un trattato in lingua toscana, mostrando quanti benefizj ci derivassero dalla sua morte. E dicevo che Esso, in cui risiede la divinità (in quo divinitas inesset), avendo profusa la vita tanto amorosamente per salute nostra, non dovevamo dubitare della volontà celeste, ma riprometterci ogni tranquillità e quiete: affermavo con autorità antichissime e certissime che erano terminati i mali, cancellata ogni macchia a quelli che, rivolti coll'animo a Cristo Crocifisso, si affidassero alle sue promesse, e ogni speranza appoggiassero in quell'unico che non inganna. Eppure a quei dodici, non dico uomini, ma bruti feroci parver così esecrande tali proposizioni, che l'autore reputavano degno del fuoco. La qual pena, se mi toccasse subire per tale testimonianza, beato mi reputerei. Perocchè siamo a tempi dove un vero cristiano non può più morire a suo letto. Ci accusino pure, ci imprigionino, ci torturino, ci strozzino, ci diano alle belve, tutto sopporteremo, purchè ne derivi il trionfo della verità. Che se non avessimo speranza nell'intimato Concilio, ove dai pontefici, da Cesare, dai re son convocati moltissimi da tutte le genti, dispereremmo che venga una fine di tante perturbazioni; che questo coltello levato contro chiunque scrive, si strappi di mano a quelli, che anche per lievissime cagioni voglion ferire crudelmente; dai quali fu arrestato il santo e integerrimo mio Sadoleto; da' quali ignoranti accusato Bernardino Ochino, di sì austera e ammirabil vita, non vedendo che voi foste pronti a difenderlo, stimò bene fuggire, soletto, errante in luoghi lontanissimi dall'Etruria nostra».


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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