Pagina (699/728)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma perciocchè io non ho tempo, mi riserbo ad un'altra volta a mostrarti che non può eleggere l'uomo stato peggiore o condizione, che la vogliam chiamare, che quello del dottor in ragion civile e canonica o civil solamente, o come ti piace, pur che sia dottor di leggi fatte da uomini. Quanto poi a quell'altra parte dell'aver un rifugio nei suoi travagli, lo lascio pensare a te quanto le leggi sieno al proposito. Vuoi altro, che s'io ti fossi appresso, io te lo farei venir in odio di maniera che gitteresti nel fuoco quanti di quegli animalacci tu hai nel tuo studio! Ma perciocchè tu mi potresti dir che faccio male a biasimar com'io fo quella professione ch'è stata com'ereditaria della mia casa, e per la quale ella ha avuto qualche nome, ti dico che quello ch'io ti scrivo non lo direi già su per le piazze, ma l'essermi tu quel che mi sei, e 'l vederti camminar per quella strada, mi sforza a parlar teco in questa guisa. Ti ringrazio dell'avermi fatto a sapere le cose fatte questo carnevale, e delle stanze mandatemi; più grato quasi mi sarebbe stato il sonetto fatto per li due figli del duca, nè so qual possa essere quella cosa che ti vieti il mandarmelo; starò aspettando la canzone del frate, ma aspetterò insieme il sonetto; te 'l dico, non mi far le baje. La morte dello Spannocchio, che m'è stata del tutto nuova, m'ha conturbato estremamente, e ne scrivo al Focoso.
      «Questo è quanto alla tua prima lettera: vengo alla 2a, della quale mi spedirò in pochissime parole. Io certo son di natura tale che non mi conturba altro che 'l danno altrui, e 'l tuo sopra tutti gli altri, e perciò starò sempre allegrissimo, se non quando udirò che coloro ch'io amo, e tu particolarmente, seguino via da rompersi il collo e ruinarsi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





Spannocchio Focoso