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      Perdonami s'io sono troppo aspro riprensore, e fa ch'io sappia che tu abbi pigliati i miei ricordi in buona parte, ma molto più che tu gl'incominci a metter in esecuzione. Un'altra volta appena sarò io lungo la metà di quello ch'ora sono stato, perciochè i miei studj e molte altre cose insieme mi togliono ch'io non sia brieve nello scrivere. Eccoti quei pochi versi mandati con la mia seconda.
     
      Saluterai lo Scacciato da mia parte, io gli ho di già
      scritto, e scriverò, quand'io sappia ch'egli abbiaricevuto le lettere che già gli ho mandate».
     
      Nunc barbarorum asperrima hæc loca incolensUbi horrido gelu riget, tabet, perit
      Hominum, ferarum, et arborum simul genusDulcissimi haud meminisse natalis soli
      Omnia ubi ferme adhuc virent, vivunt, vigent,
      Non possum, amice mi omnium charissime,
      Ejusque desiderio inenarrabiliNon usque aduri et confici miserrime.
     
      Feci questi jambi, come già l'ho scritto, nel principio di novembre per un estremo freddo che sentii, e posso dir vidi in queste parti, e fecili con intenzione di farne molto più, ma poi per molti rispetti fui costretto ad abbandonar l'impresa, ma perciocchè, lasciandoli così imperfetti, avrebbero potuto forse cagionar qualche sospetto nell'amico tuo, ti scrissi che tutto era detto iperbolicamente, e così ti dico ora.
      Ti scrissi ultimamente com'io desiderava d'aver un Boccaccio, cioè le cento sue novelle, di quelle che si stamparono in Firenze dai Giunti l'anno 1527, e che tu facessi ogni opera d'averne uno almeno in qualunque modo si sia. Te lo ritorno a dire, e ti riprego a non mancare, se tu dovessi metter sottosopra tutto il mondo, non che Siena.


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Gli eretici d'Italia
Volume Secondo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 728

   





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