E coi magistrati sostenne lotte durissime; e i cittadini si piacquero di trarne occasione di scandali; e il capitolo di Santa Maria della Scala arrivò fin a chiudergli in faccia la porta della Chiesa: dalla stessa autorità municipale accusato al papa e al re come trascendente in fatto di giurisdizione, Carlo più d'una volta dovette interrompere le sante sue sollecitudini per andar a Roma o spedire a Madrid, onde scagionarsi. E se non vorremmo sostenere ch'egli avesse sempre ragione nella quantità e nei modi, nessun ci contraddirà se asseriamo che sempre era mosso da rettissime intenzioni.
Ciò sia di conforto a' suoi successori; e in simili contrarietà pensino come la giustizia soglia rendersi anche qui dopo la morte.
Restano, ed hanno vigore ancora moltissimi atti del suo episcopato, ma pochissimi si riferiscono ad eretici di quel paese. Giulio Poggiano, di Suna nel novarese, uno de' più belli scrittori latini di quel tempo, adoprato come secretario di molti cardinali, della Congregazione del Concilio Tridentino e di san Carlo, in lettera al cardinale Sirleto descrive la venuta di quest'arcivescovo a Milano nel 1565, e come «cantò messa nel duomo, dove fu il principe e il senato con tutti li magistrati..... È ferma opinione che fossero alla messa più di venticinque mila persone. Un canonico fece una orazione al cardinale assai impertinente e lunga, nihil boni præter vocem et latera. Il cardinale a mezza messa fece un sermone, nel quale parlò della giustificazione, a proposito del vangelo Plantavit vineam. Della materia se n'era informato dal padre Benedetto Palmio....»
Da qui appare che il santo toccava anche nelle prediche ai punti fondamentali della dottrina. Il Poggiano aggiunge: «Ho inteso che, oltre all'Aonio, qui sono due o tre letterati, ma perchè, non so per qual disgrazia o maledizione loro, si mormora che sono infetti di opinioni poco cattoliche, son risoluto di non parlargli, nè vederne alcuno»54.
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