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      E sebbene alcuni delli vicini sono macchiati della maledetta, e scellerata eresia, non è però da temere che un popolo, nè alcuno del popolo tanto cattolico, tanto pio e tanto confirmato nella nostra religione si debba mai partir o separarsi dall'unione della santa madre Chiesa Romana, nella quale per tante e tante centinaja d'anni è perseverato e persevera55, il che apertamente dimostrano tanti ospitali, tanti luoghi pii, tanti monasteri, tante chiese, tante congregazioni, che si mantengono con le elemosine si fanno, e si edificano ogni giorno, e si esercitano in questa città, ed il concorso universale che si fa da tutti e continuamente alli divini officj, e sagramenti e all'udir le sacre prediche, e a pigliar le santissime Indulgenze, alle quali tutte concorre indistintamente e a gara tutto il popolo. Chi potrebbe tener le lagrime veggendo in tutte le chiese parrocchiali di questa città, quali sono infinite, in un medesimo tempo pubblicamente esposto il santissimo corpo di nostro Signor Gesù Cristo, avanti il quale,
      giorno e notte senza intermissione ogni sorta di gente umilissimamente con singulti e pianti, misti con grandissimi prieghi e supplicazioni, e con ogni sorta di voti supplicano la divina clemenza, ragionando tutti i tempi delle divine litanie, e d'ogni sorta di salmi e orazioni, che si degni infondere e inspirare la grazia dello santissimo Spirito nelli cuori di sua beatitudine, suo vero vicario in terra, e di S. M. che sono in mani sue, quello che sia per onore della santissima sua Chiesa e che convenga alla religione e pietà nostra antichissima, acciocchè dove meritiamo lodi non siamo infamati appresso tutta la cristianità senza colpa nostra, il che parerebbe troppo duro a questa città tanto ubbediente, affezionata e schiava a sua santità e sua maestà, di vedersi con questa innovazione senza sua colpa quasi infamare.


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Gli eretici d'Italia
Volume Terzo
di Cesare Cantù
Utet
1866 pagine 895

   





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