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      Scampando d'Italia, portò, come sue consolazioni, non il Vecchio e Nuovo Testamento, ma le epistole di Cicerone a' famigliari»58. Da lui stesso sappiamo ch'era bandito d'Italia, e nascondeva il proprio nome: eppure prima di quel tempo avea servito al Caracciolo vescovo di Catania, assistente di sua santità, e al Madruzzi vescovo di Trento; presso il quale tornò poi quando si aperse il Concilio.
      Questa tolleranza non è la men bizzarra rivelazione di quel secolo, avvegnachè costui si fosse mostrato sempre e paradossale ed empio. Come coloro che vogliono acquistarsi fama dal pubblico collo schiaffeggiarlo, sputacchia tutti gli idoli del giorno; chiama animalaccio Aristotele; il Boccaccio incolto, ruffianesco, spregevolissimo; e dice amar meglio il parlar milanese o bergamasco che il boccaccevole, e vitupera i Toscani perchè pretendono parlar bene. Nelle Cose notabili e mostruose d'Italia (1548) scrive di Milano: «La seconda Roma, chi ora la vedesse avendola prima veduta, direbbe: questo per certo non è Milano: egli non è desso: non vi è stata città in Europa già molti anni sono tanto flagellata....... Quivi s'è ritrovato una donna, a guisa di lupa affamata divorare i fanciulli: un fratello giacersi carnalmente con tre sorelle, e tre fratelli goder una sorella; il figliuolo la madre, il zio la nipote, il cognato la cognata. Quivi si son trovati uomini sì crudeli, che da niuna ingiuria mossi, sol per esser l'un guelfo e e l'altro ghibellino, vivi gli hanno arrostiti, e mangiatoli del fegato, e dentro il corpo messo del fieno e dell'orzo, e adoperato i corpi umani per mangiatoja de' cavalli. Quivi sonosi trovati uomini che hanno ammazzato nella propria chiesa i religiosi mentre cantavano li divini ufficj, e Iddio lodavano; nè una sola volta questo è accaduto. S'è trovato uno, di furore tanto accecato, che non si vergognava di dire impudentemente ch'egli volesse far un lago di sangue ghibellino.


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Gli eretici d'Italia
Volume Terzo
di Cesare Cantù
Utet
1866 pagine 895

   





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