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      Ma è tempo di ritornare alle mie vicende.
     
      La novità del luogo, delle persone, degli oggetti, dei costumi, mi divagò un poco. Era quello un mondo nuovo a me del tutto sconosciuto.
      Durante quella prima visita al convento, m’imbattei in molte religiose per la via: tutte quante mi fecero la stessa domanda:
      «Vuoi farti monaca?».
      Io rispondeva di no.
      A questo detto, sorridendo in atto di suprema convinzione, ripigliavano:
      «San Benedetto non ti lascerà scappare, quando avrai indossate le sue lane!».
      Qualche giorno prima di entrare nel monastero, era venuta la fantesca di mia zia a riferirmi, come una giovine monaca, chiamata Paolina, desiderava di farsi mia amica e confidente inseparabile, non appena avessi posto il piede nel chiostro.
      Mi vi trovava intanto da più ore, né vedeva al mio fianco altre monache, che le due sorelle, da mia zia pregate di guidarmi nella visita. Chiesi a codeste quale fosse la monaca nominata Paolina: risposero essere una giovine, solita sempre a ricrearsi in compagnia di due educande. M’avvidi infatti d’averla incontrata nel mezzo di due giovinette, passeggianti nel chiostro; ed anzi mi maravigliai, che di tutte le monache fosse stata l’unica a non avvicinarmisi.
      Fatti altri pochi passi lungo l’arcato corridoio del pianterreno,
     
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      la incontrammo novellamente; atteggiatami d’ilarità, le mandai da lungi il saluto con un sorriso, ma parvemi d’osservare che, in risposta, essa e le sue compagne si fossero scambiate sotto voce qualche parola in tuono beffardo: questo mi mortificò assai; ma non basta.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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