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      Concettina mi domandò perché avessi voluto sapere quale monaca fosse nominata Paolina, e dove l’avessi conosciuta: raccontai dell’ambasciata ricevuta. Si rammentò allora Checchina, che essendosi quella Paolina disgustata colle sue amiche, alcuni giorni prima, mi aveva mandato tale messaggio non per altro che per indispettirle, ma che poscia, rappattumatasi con esse loro, aveva lor promesso di non mai avvicinarsi a me, essendone le educande di già gelose.
      «Gelose!» esclamai stordita: «vi sono dunque gelosie fra voi!»
      «Eh, pur troppo, signorina! così non ve ne fossero!» risposero le sorelle in coro.
      «Misericordia!» soggiunsi: «ci sarà anche la discordia, inseparabile dalla gelosia».
      Strana infatti mi sembrò la gelosia fra donne, stranissimo e volgare il pettegolezzo della monaca Paolina, pestifera la discordia in una casa ermeticamente chiusa e non beneficata dagli influssi della rimanente umanità. Da quel primo sintomo di corruzione mi accorsi che avea da far con donne, le quali, benché nobilissime per nascita, pur tuttavolta non avevano che l’educazione negativa delle loro proprie domestiche.
      Io aspettava la sera con ansietà per dare libero sfogo all’inquietudine che mi rodeva, credendo di avere una stanza tutta per me. Ma quale non fu la mia sorpresa nel vedere il mio letto collocato nella camera stessa della zia badessa, con al fianco un terzo letto destinato alla sua conversa! Mi veniva pure intercettato il conforto della solitudine e delle lagrime!
      Mentre mia zia spogliavasi recitando delle preghiere sotto voce, io dovetti soffrire il tormentoso interrogatorio della conversa.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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