Pagina (65/337)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Questa donna, Angiola Maria di nome, aveva 32 anni circa, era d’una costituzione ferrea, di voluminosa corporatura; tarlata dai vaiuolo, con bocca larghissima e denti neri; a questo insieme disgustevole aggiungeva, ora un riso agro e smodato, ora una cupa fissazione, con un rotar senza posa di due occhi squilibrati che sembravano pronti a balzare fuori dell’orbita. D’altronde scortese, disattenta colla mia vecchia zia, e molto petulante, allorché questa interrompeva il suo eterno cicaleccio con qualche rimbrotto.
      Finalmente si pose in letto, e prese sonno per lasciarmi sola coi
     
      [64]
     
      miei tristi pensieri, sola nel mezzo d’un silenzio, da altro rumore non turbato che dall’isocrona battuta d’un orologio a pendolo.
      Lo era di poco addormentata, vinta più dall’oppressione morale che dal sonno, quando sul far del giorno fui svegliata da Angiola Maria che voleva sapere da me se io voleva assistere alla prima o alla seconda messa.
      «Ormai sono desta» risposi traendo un sospiro: «assisterò a quella messa che piacerà a te».
      La conversa mi diè mano a vestirmi, non cessando sempre di ciarlare: poi, presami confidenzialmente per la mano, nel modo che è menato un cieco, mi fece scendere al comunichino, dove trovai riunite parecchie monache nell’atto d’ascoltare la messa e di comunicarsi.
      Alle 10 venne mia madre: la ritrovai assisa nel parlatorio.
      Al primo vederla proruppi in pianto stemperato. Le dissi essere infelicissima in un luogo, la cui inoperosa e stupida reclusione era, a parer mio, più insoffribile della stessa prigionia: tremendo martirio per me dover esser quello di convivere con gente non meno ignorante che ineducata: che già parlavano di farmi monaca: ch’io presentiva di dover perdere la salute, com’era in procinto di perdere la libertà, dovendo dipendere finanche dal capriccio della conversa di mia zia, la quale mi voleva far alzare prima di giorno, per trattenermi un’ora in chiesa, esposta ad un freddo insopportabile, ad un disagio che m’avrebbe fatta prendere a noia la preghiera stessa.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





Angiola Maria Angiola Maria Maria