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      Troppo strettamente alle mie Memorie si riferiscono le condizioni del clero regolare e secolare, tanto all’epoca in cui mi toccò soggiacere alla sua pressione, come pur dopo la nazionale rigenerazione, perché io non i reputi necessario premettere intorno a queste condizioni alcuni cenni, atti ad illuminar la scena sulla quale verranno a svolgersi gradatamente i seguenti episodi.
      Conscia non meno della mia incompetenza che de’ limiti di questo scritto, non mi avventurerò di certo in critiche considerazioni sullo stato passato e presente del clero in Italia. Mio intendimento essendo soltanto quello di far vedere in una rapida prospettiva le spaventose proporzioni del morbo sociale che infesta tuttora la nostra patria, mi ristringerò all’autorità delle cifre, la cui eloquenza persuasiva può, sul pubblico criterio più di qualunque rettorica declamazione. Estratte essendo queste cifre da quadri statistici, da documenti officiali pubblicati nel corso degli ultimi vent’anni, può il lettore riposare sulla loro esattezza, naturalmente
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      franca delle adulterazioni che lo spirito di partito suol interpolare.
      Fatto incontrastabile. Posta mente alla superficie dei territorio e alla popolazione, non v’è Stato cattolico, non cristiano, che possegga un sì gran numero di sedi vescovili, di preti secolari, di chiese, di monasteri, di monaci, di monache, quanti si noverano nel nostro paese. L’Italia, che ha il funesto privilegio di poter essere chiamata fra tutte le nazioni còlte d’Europa lo Stato levitico per eccellenza, presentavasi fino al declinare del secolo decorso sotto l’aspetto d’una vasta congregazione monastica.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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