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      I voti che pronunziavano alcune donne pie erano temporanei, e rinnovellavansi ogni anno coll’arbitrio di poter scegliere uno stato, che avesse potuto meglio convenire a loro. Queste donne dunque vivevano in una specie di franchigia religiosa che riuniva, come le canonichesse di Alemagna, i vantaggi della società alle convenienze di una vita pura ed edificante; portavano il titolo di oblate (presentate), vivevano in una certa distanza dal mondo, e potevano rientrarvi quante volte le ne veniva il desiderio. La privazione di ogni contatto colla società non irritava i loro sensi, e la loro immaginazione, lungi dallo smarrirsi all’idee della solitudine, faceva loro guardare con piacere la possibilità di ricomparire nel mondo. L’interno di questo monastero era per tali ragioni un soggiorno di decenza e di ordine, ove regnava quella dolcezza piacevole che accompagna il cristianesimo, che è un tipo poetico della morale ed una qualità inapprezzabile presso le donne. Alla mancanza di un sentimento più tenero, la confidenza e l’amicizia regnava fra queste dame, delle quali la virtù si sarebbe opposta all’idea d’ogni mondana passione.
      «La persona che voleasi stabilire in questo ritiro dovea mante-
     
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      nersi a sue spese fino al momento nel quale, manifestando piacerle tal genere di vita, si risolveva a farsi scrivere fra le religiose a mantenimento del luogo, ed allora riceveva tutto ciò che è necessario alla vita. La direzione generale era affidata alla più savia delle dame del convento, ed il re confermava questa libera scelta che gli garantiva il suo grande limosiniere.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





Alemagna