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      L’arcivescovo di Napoli ed il nunzio avevano le loro prigioni, dove carceravano ogni uomo o donna che dipendesse dalla Chiesa, e vi nascondevano spesso coloro che volevano involare al potere sovrano. Ogni chiesa, convento, palazzo di feudatario godeva il dritto dell’asilo, ed aveva ai suoi soldi i più celebri scellerati. Una corrispondenza tra Napoli, Roma e la Sicilia, stabilita con barche che valicavano il Tevere, portava innanzi tutte le operazioni del governo, effettuava tutti gl’intrighi; e forse provar si potrebbe che, senza l’intervento della cancelleria romana, il memorando Vespro Siciliano non avrebbe avuto luogo. Quando queste tenebrose ope-
     
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      razioni non erano riuscite a far evadere un colpevole, si vide cento volte giungere una bolla che togliendolo dalle mani della giustizia, lo dichiarava iscritto al clero. Cento volte un padre inumano, capriccioso, avaro, assistito dall’autorità del nunzio o del vescovo, gettò in un convento la figlia, della quale la situazione gli dava imbarazzo, o la moglie, che egli sospettava invaghita di un altro. Quando l’onore d’una nobile donzella era compromesso con pubblicità e senza che il suo complice fosse stato manifestato dai suoi parenti, ella e l’uomo sul quale cadevano i sospetti erano assassinati e sepolti, od imprigionati segretamente; od infine, quando volevasi far prova di dolcezza e di moderazione, la giovane spariva dal mondo, e l’uomo, evirato, andava a pronunziare i suoi voti in un convento».
      Era allora la condizione della donna forse peggiore che non è in Turchia oggidì. Bastava un’ombra di sospetto, una calunniosa denunzia, un’allucinazione generata dalla gelosia; bastava la falsa deposizione d’un amante rigettato, perché il consiglio di famiglia, tosto riunito nello stesso mistero in cui l’Inquisizione di Spagna soleva involgere i suoi esami, fulminasse contro l’incolpata la sentenza, che sola, secondo i pregiudizi dell’epoca, poteva reintegrare presso la pubblica riputazione l’onore compromesso del blasone.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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