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      «E curiosa davvero Maddalena!» venne a dirmi un’altra monaca, che pur dicevasi amica di costei. «Non è essa stessa che ti ha condotta forzatamente dal suo confessore? Eppure adesso piange e si dispera per gelosia».
     
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      «Gelosia!» esclamai io, sbruffando dalle risa... «gelosa di che?»
      «Il canonico dal canto suo mostra meno affetto per lei che per te, e tu del resto, congedato il primo confessore, divieni la penitente del canonico».
      Ne rimasi stupefatta. Non potendo più richiamare il vecchio prete, dopo la lettera speditagli, ne scrissi un’altra al canonico, ove gli diceva che, non avendo intenzione di procurarmi nemiche nel chiostro, avrei cercato d’un altro confessore.
      Un’ora dopo io udiva sei tòcchi alla campana della porteria: era la mia chiamata. Trovai il canonico nel parlatorio.
      «Mi avete mandato una lettera di licenziamento?» disse ridendo nel vedermi.
      «Sì» risposi; «non sarò per certo motivo di discordia nel chiostro durante il breve tempo che vi soggiornerò; e come non sono scortese con nessuno, così non darò ad altri il diritto di usarmi degli sgarbi».
      «Per me, tanto» soggiunse egli, sempre ridendo, «non farò conto alcuno della vostra lettera, anzi per affrancarvi da ogni soggetto di molestia, annunzierò oggi stesso a Maddalena che non la voglio confessar più; per tal modo essa non avrà più motivo di esplorare se sento o non sento affetto per voi. Ho il compito sacrosanto di condurre all’ovile la pecorella smarrita da Dio consegnatami, e non mi è lecito abbandonarvi».
      «Non so» risposi con sostenutezza, «come la gelosia possa insinuarsi nel sacramento della confessione, né a me tocca di esaminare la causa di sì inqualificabile associamento.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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