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      Devo però dirvi che, se lascerete Maddalena, mi susciterete una persecuzione più forte. Fatemi questo favore: tenete lei, e lasciate me! Da questo punto vi dichiaro che al confessionale non mi ritroverete più».
      «Allora» disse, deponendo l’ilarità, ed assumendo un tuono contenuto, «allora impiegherò un altro spediente».
      Ciò detto, se ne partì, lasciandomi nel dubbio di quello che proponevasi di fare.
      Avendo frattanto deliberato di non cedere sopra questo argomento, pregai mia zia la badessa di trovarmi un altro confessore, badando ch’egli fosse un vecchio, e che non avesse altra penitente nel monastero. Ella ne prese l’incarico, tanto più ch’era pur essa lei dispiacente di vedermi involontariamente caduta in quell’impiccio.
      Verso le tre intesi nel corridoio un gran fracasso. Mi affacciai dalla loggia, e vidi Maddalena nel mezzo d’un crocchio di monache
     
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      e di converse, nell’atto di giungere e presentare alle sue compagne un foglio piegato in forma di lettera.
      Parlavano, o per meglio dire strillavano tutte insieme, con gesticolazioni esagerate, che ricordavano la scena delle streghe di Macbeth.
      Un affare di confessore per le monache è affar di stato, è un casus belli.
      Compresi non poter essere altro che una lettera del canonico, e dal fondo del cuore maledissi il momento che m’avevano portata in quel santo pandemonio.
      Il fracasso andava crescendo; era in piedi tutta quanta la comunità: dalle confuse strida della rivolta non distinguevasi che una sola parola, mille volte ripetuta, la parola canonico.


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Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





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