Pagina (106/337)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Passandovi quel giorno stesso in compagnia di mia zia, vi osservai una preghiera manoscritta su una tavoletta appesa al muro. Mi approssimo, la guardo: il carattere era perfettamente simile a quello della lettera anonima, ed appunto in quel luogo lo aveva altra volta veduto.
      Ricondussi mia zia al coro, e volai in cerca della conversa, cui la cappelletta apparteneva.
      Seppi che la preghiera erale stata scritta da quel pretino, che al vedermi passare pel parlatorio, soleva cinguettare: «Ps! cara, vien qua!».
     
      Aveva intanto disposto mia madre che, uscendo dei monastero, mi portassi in casa della sorella maggiore e colà attendessi la signora che doveva accompagnarmi.
      A cagione dei fantastici ragionamenti che i preti e le monache mi tenevano tutto il giorno, i miei sonni erano spesso turbati da apparizioni spaventose di spettri, di demonii, di sante reliquie. La notte, che precedeva all’uscita, la commozione mi fece prendere riposo tardissimo.
      Era adunque fra la veglia e il sonno, allorché parvemi udire all’orecchio il tintinnìo d’un campanello. Mi desto incontinente, schiudo gli occhi, tendo l’orecchio: sono circondata dal solito silenzio.
      Di là a poco raccontai ad una monaca l’effetto di quella allucinazione. Essa si mise a piangere, a farsi il segno della croce, a strillare:
      «Miracolo! Miracolo!»
      «E chi può avere operato il miracolo?» le domandai.
      «Ci vuoi tanto a capirlo? E il campanello di san Benedetto, che ti chiama».
      Mezz’ora dopo, il convento era sossopra: le monache, le converse, le educande non ragionavano d’altro che del miracolo, e già


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Misteri del chiostro napoletano
di Enrichetta Caracciolo
pagine 337

   





Benedetto